Maria di Nazaret

di Redazione Fui

Sulla vita di Maria, la madre di Gesù, su quello che faceva o pensava abbiamo poche fonti storiche: un paradosso rispetto all’importanza che ha nello sviluppo e nella storia del cristianesimo. Solo pochi accenni dagli evangelisti Marco e Matteo, qualcosa in più sulla sua infanzia nel vangelo di Luca, qualche tratto personale in quello di Giovanni: un corpus esiguo, dal quale far emergere il peso spirituale di una donna che continua ad attirare le preghiere di conforto dei fedeli cristiani di tutto il mondo.

Il libro di Adriana Valerio, storica del cristianesimo e delle chiese all’Università Federico II di Napoli, ha il merito di concentrare in un testo semplice una grandissima quantità di fonti e considerazioni che secoli di esegesi hanno lasciato.

Così ci fa notare che nell’evoluzione storica del cristianesimo Gesù è prima di tutto il figlio di Maria (non di Giuseppe), che Gesù si rivolge a lei con degli appellativi scarni che hanno spesso messo in difficoltà gli esegeti, che intorno alla verginità perenne di Maria molti hanno parlato, che la sua Assunzione in cielo si celebra dal VI secolo per decreto dell’Imperatore Maurizio in tutto l’Impero romano (d’Oriente e d’Occidente) il 15 Agosto, che gli illuministi si lamentavano del peso che aveva nella società, che le antropologhe femministe hanno trovato sottomessa al dominio maschile del figlio, che i musulmani rispettano per l’esempio di accettazione del divino che incarna (il Corano le riserva un intero capitolo, il XIX, la Sura di Maryam).

Maria, raffigurata dagli artisti di tutti i tempi, arriva fino a noi come una figura che, in fin dei conti, sembra incarnare l’abnegazione e la meraviglia di molte madri davanti ai loro figli. Figli che le colmano di gioia per essere venuti al mondo, e da cui ottengono così, col miracolo della nascita, il senso profondo della loro esistenza.

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